Come era facilmente prevedibile quella di oggi tra le confederazioni  e l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni per il rinnovo del CCNQ di definizione dei comparti e aree di contrattazione, è stata una riunione interlocutoria ma non insignificante.   L’ARAN infatti – nella persona del suo presidente, Gasparrini – ha finalmente formalizzato alle confederazioni sedute al tavolo negoziale la propria proposta  in ordine alla riduzione dei comparti sulla base delle direttive ricevute; e cioè ridurre il più possibile i comparti salvaguardando le peculiarità di difficile sovrapposizione con gli altri settori della pubblica amministrazione. Peculiarità che sono state individuate nel mondo della salute e della cura della persona e in quello dell’istruzione, in poche parole la sanità e la scuola pubblica. Precisando altresì che la Presidenza del consiglio è sottratta a tale ragionamento e quindi a tale accorpamento a seguito di specifico DPCM. Una proposta che non ha lasciato indifferenti le OO.SS. che, con diverse sfumature, non hanno tardato a manifestare le proprie perplessità relativamente al progetto di accorpamento.  La proposta infatti non risolve le due questioni che riguardano il  modello di relazioni industriali da applicarsi al sistema e la quantità della disponibilità di risorse economiche  fresche dipendono infatti dalla legge di stabilità che come noto è in discussione  al senato.

Adamo Bonazzi, Segretario Generale USAE, uscendo dalla riunione ha dichiarato:

“Il problema sul tappeto non è solo il taglio dei comparti (un massimo di 4  contro gli attuali 10 ), che in ogni caso rappresenta uno scoglio notevole dopo i sei anni di blocco della contrattazione .   Ma anche ora che il blocco è stato censurato dalla Consulta resta il fatto che manca un modello di relazioni condiviso fra  le parti datoriali pubbliche e le organizzazioni sindacali. Al momento c’è  il vuoto, infatti  l’accordo sugli assetti contrattuali  del 2009 era sperimentale, per 4 anni, ed attualmente è scaduto e  il modello di relazioni del 1993 – quello per intenderci sul costo del lavoro  del governo Ciampi –  è ormai superato direi quasi di un’altra era geologica.  E non intravediamo alcuna volontà del Governo che vada nel senso di porre rimedio alla questione convocandoci per una nuova intesa. USAE ha prodotto una proposta di emendamento che risolverebbe la questione ma chi lo ha recepito e presentato in commissione al Senato lo ha migliorato così tanto che lo ha anche reso indigeribile al Governo per via delle risorse, 4 Miliardi di euro, che in effetti per l’intero mondo delle pubbliche amministrazioni centrali e locali per il triennio 2016-2018 sarebbero appena sufficienti. Anche i dati ISTAT  – infatti –  evidenziano il fatto che sono stati i lavoratori delle pubbliche amministrazioni a pagare il prezzo più  salato di questa crisi finanziaria.  Le risorse messe a disposizione dal Governo in legge di stabilità sono appena sufficienti a chiudere l’ultima parte del triennio 2013-2015, sanando il vulnus  della sopravvenuta illegittimità costituzionale causata dal regime di sospensione della contrattazione collettiva. Ma, ora come ora,  bisogna sbloccare le regole del gioco e stanare questo Governo che vuole scaricare sui sindacati delle responsabilità che non hanno, quindi, noi puntiamo prima al rinnovo del triennio 2013-2015. Per quello successivo poi ci sarà tempo; e forse anche una diversa volontà governativa.

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