Ieri, in tarda serata, è emersa una vittoria schiacciante  del No. Alle urne l’87% dei lavoratori, 10.101 sugli 11.602 aventi diritto. Una partecipazione molto alta, soprattutto in un’azienda i cui dipendenti non sono abituati a esprimere preferenze su accordi sindacali mediante referendum. Neppure la prospettiva che non esista un piano B ha impensierito più di tanto i lavoratori, in cui  serpeggia la tristezza e la rabbia contro il management per la situazione dell’azienda, che da mesi perde oltre un milione di euro al giorno.

La maggioranza dei lavoratori di Alitalia ha bocciato l’accordo per il salvataggio della compagnia che le organizzazioni sindacali hanno siglato sotto il ricatto del commissariamento nonostante gli inviti al «senso di responsabilità» arrivati dai sindacati confederali, dal premier Gentiloni e dai ministri. Il futuro che ora spetta ad Alitalia non è più una semplice suggestione, è diventata pura realtà, ma i problemi nella compagnia sono nati già a cavallo del 2000 e si sono aggravati  esattamente nove anni fa, il 24 aprile del 2008, quando è saltata la trattativa per la vendita di Alitalia ad Air France. Da lì è iniziata la storia di un’Alitalia totalmente privata, che ha superato due crisi ma che oggi sta vivendo la terza, quella che rischia ora di affossarla definitivamente.

Con l’esito negativo di questo voto gli azionisti della compagnia hanno annunciato un passo indietro e lasceranno le chiavi dell’azienda in mano all’esecutivo per la nomina di un commissario. Diversamente, con la vittoria del Sì, i soci avrebbero garantito un impegno finanziario da due miliardi di euro, di cui 900 milioni di nuova finanza. Un intervento consistente, che però adesso Etihad, il socio di peso di Abu Dhabi, e le banche azioniste e creditrici Intesa Sanpaolo e Unicredit non vorranno più sostenere.

L’invito di «cercare sino all’ultimo ogni soluzione possibile per evitare decisioni che sarebbero traumatiche e non più modificabili» che molti hanno rivolto al governo rischia di passare inascoltato e le speranze di quelli  che pensano alla nazionalizzazione  perché  non è possibile che il governo che ha salvato le banche non intervenga per un salvataggio in extremis di andare in frantumi. Ciò non di meno la gran parte dei dipendenti della compagnia ha detto No all’intesa. E’ un dato, questo, molto significativo, che sancisce una frattura di pensiero molto forte anche tra i lavoratori e il sindacato che sino ad ora ha operato in Alitalia; un bagno di dignità ma anche di realtà, che apre le porte dell’amministrazione controllata e alla liquidazione ( i cui costi per la collettività sono stimati in un miliardo di euro).

 

 

 

Di Admin