Nel corso della Storia, quasi sempre la parola rivoluzione è stata associata ad episodi eclatanti, spesso violenti e sanguinosi, che hanno fatto da contorno o da innesco a profondi cambiamenti negli assetti sociali, economici, territoriali preesistenti.
Ci sono stati però anche dei cambiamenti, altrettanto importanti, che si sono verificati in modo meno traumatico, più soft si direbbe oggi.
Crediamo fortemente che oggi il nostro Paese abbia bisogno di un cambiamento profondo, radicale, da perseguire secondo questa seconda via, e cioè la via del dialogo, del confronto, anche duro se necessario, ma sempre all’interno dei confini di una società democratica, ben delineati dalla nostra Carta costituzionale: un cambiamento che vogliamo chiamare la nostra Rivoluzione.
In questi ultimi anni lo Stato ha perso la sua dignità, la sua forza, la sua funzione di guida ed ispirazione, per colpa di un diffuso senso di insoddisfazione e di ribellione da parte di molti, che trovano molto facile accusare “lo Stato” genericamente inteso di tutti i mali e le disfunzioni, dimenticando che lo Stato siamo noi stessi, tutti noi, nessuno escluso.
In particolare, sono stati obiettivo di feroci campagne denigratorie proprio i diretti rappresentanti dello Stato, quei pubblici dipendenti chiamati ogni giorno, tra mille difficoltà, a far funzionare la pachidermica macchina amministrativa per assicurare i servizi essenziali ai cittadini.
Sono stati chiamati corrotti, fannulloni, enfatizzando alcuni casi di malcostume, presenti tra tutte le categorie di lavoratori, disconoscendone la professionalità, la preparazione, lo spirito di servizio che ha portato migliaia di loro a svolgere funzioni superiori per anni, senza alcun riconoscimento, a lavorare con spaventose carenze di organico che hanno determinato enormi arretrati da smaltire, senza mai tirarsi indietro: e più di uno, in particolare gli appartenenti alle forze dell’ordine, ci ha anche rimesso la vita nell’adempiere al proprio dovere.
Lo Stato deve recuperare la sua autorevolezza, che significa essere riconosciuto come valore di riferimento, depositario delle regole, chiare e uguali per tutti, così come in grado di punire chi sbaglia, secondo la legge, lontano dal facile perdonismo tanto in voga oggi che deresponsabilizza e confonde la giustizia con un maleodorante buonismo che sta distruggendo il nostro tessuto sociale, mettendoci tutti contro tutti.
Valori come la giustizia, la sicurezza vanno recuperati, è profondamente sbagliato far passare la paura degli anziani, delle donne, dei più deboli come una strumentalizzazione messa in campo da una parte politica: questa gente ha paura perché le strade, le città, perfino le loro case non sono più sicure, chi lo nega fa solo il gioco dei delinquenti e dei criminali.
La nostra Rivoluzione, il cambiamento profondo di cui necessita questa Italia malata, deve partire da un profondo rinnovamento dello Stato, da realizzare dando spazio a migliaia di giovani da assumere, soprattutto in quelle amministrazioni dove più elevate sono le carenze degli organici: giovani preparati da anni di studio, da formare secondo le esigenze specifiche degli uffici, in modo tale da permettere loro, nel corso degli anni, di raggiungere i vertici della pubblica amministrazione, soltanto sulla base del merito e delle loro capacità.
Così facendo si andrebbe progressivamente a sostituire l’attuale classe lavorativa nella pubblica amministrazione italiana, tra le più anziane d’Europa, che andrebbe collocata in pensione, per lasciare spazio ai giovani, secondo un avvicendamento che trova la sua ragione nelle leggi della Natura, prima ancora che nella normativa specifica. Cominciamo noi, allora, la nostra Rivoluzione: partecipa alle elezioni per il rinnovo delle RSU e appoggia la nostra lista, candidati, vota e fai votare i nostri rappresentanti, perché cambiare si può.
E, oggi più che mai, si deve.
Il Coordinatore Nazionale
Paola Saraceni
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