tratto da un articolo pubblicato il 31 dicembre 2022 su “il sole 24 ore”
Sembrerebbe ampiamente di sì.
A fine novembre 2022 la nota rivista scientifica JAMA network ha pubblicato un lavoro dal titolo Return on Investment of the COVID-19 Vaccination Campaign in New York City che stima il risparmio economico a 360 gradi derivante dal programma di vaccinazione per COVID-19 nel corso del 2021. Risultato: durante il periodo esaminato, la campagna di vaccinazione a New York avrebbe evitato spese sanitarie per un valore di 27,96 miliardi di dollari e 315 mila potenziali anni di vita persi. Il risparmio netto stimato attribuibile alla vaccinazione è stato di 51 miliardi di dollari. Ogni dollaro investito nella vaccinazione avrebbe prodotto un risparmio stimato di 10 dollari, come costi diretti e indiretti degli esiti sanitari che sarebbero stati sostenuti senza la vaccinazione.
Come si calcola il ROI in sanità
La logica alla base di questo tipo di studi è stimare che costi avrebbe avuto la città di New York se non fosse stato vaccinato nessuno, confrontando i risultati con i costi che si sono invece realmente avuti con la campagna di vaccinazione. Ricostruire dunque in termini probabilistici che cosa sarebbe accaduto senza vaccinazioni, con simulazioni calate sulla struttura della popolazione. In un contesto in cui la popolazione è più anziana l’impatto del virus sarà più alto; laddove la popolazione è più giovane, sarà minore. Il tutto considerando non solo la prospettiva meramente sanitaria, cioè il risparmio del Sistema, ma anche una serie di indicatori sociali che impattano la vita delle persone, come la perdita di giorni di lavoro da parte del malato ma anche dei suoi familiari. Per ogni scenario vengono stimati i tassi di infezione e di mortalità, le perdite di produttività, l’ utilizzo dell’assistenza sanitaria.
La metodologia statistica usata in questo lavoro è quella standard, fondata su decenni di ricerca scientifica, che viene utilizzata in tutto il mondo per stimare l’impatto di una certa scelta sull’ecosistema sociale, simulando le tipologie di persone a seconda delle loro caratteristiche” spiega Dario Gregori, (Unità di Biostatistica, Epidemiologia e Sanità Pubblica dell’ Università di Padova). “Questi indicatori vengono poi passati al ‘setaccio probabilistico’, generando eventi a cui sono associati dei costi. Quello che ne esce è un quadro di impatto più verosimile che tiene però anche conto dell’incertezza statistica.”
Perché è fondamentale considerare anche i costi indiretti
“La chiave per comprendere la portata di questo enorme studio è il concetto di costo indiretto” continua Gregori. “Si può calcolare il ROI rispetto a una prospettiva unicamente sanitaria, cioè gli ospedali hanno risparmiato vaccinando in termini di mancati ricoveri e minor utilizzo di farmaci e personale, e al territorio in termini di presa in carico. Uno studio come questo assume invece una prospettiva molto più ampia e completa, cercando di tenere conto dell’impatto complessivo della malattia e del vaccino su tutti i settori della vita delle persone.”
Sono stati considerati i costi diretti e quelli indiretti, sia dell’investimento nella campagna vaccinale, che dell’impatto sulla comunità. I costi diretti dell’investimento sono tutti quelli legati all’operazione vaccinazione cioè gli stipendi degli infermieri, dei medici impiegati, i costi per il mantenimento delle strutture, per l’acquisto delle dosi di vaccino, per la campagna pubblicitaria, e via dicendo. Rientrano nei costi indiretti ad esempio il tempo di lavoro perso per recarsi a ricevere il vaccino, e per riprendersi da eventuali reazioni avverse.
I costi indiretti dovuti alla malattia sono invece quelli che derivano dal fatto che sia una persona ammalata che la sua famiglia perdono giorni di lavoro. Per non parlare della mortalità: i decessi a seconda dell’età della persona hanno un certo costo sociale, come sanno bene le assicurazioni, le quali si basano su questo tipo di conti per elaborare i propri prodotti finanziari. Perdere un anno di vita ha un certo costo che varia a seconda dell’età: questo è un indicatore che uno studio come questo considera. I costi evitati grazie al vaccino sono stati per esempio meno ospedalizzazioni, ma anche le spese evitate per le terapie COVID e adiuvanti che sarebbero state necessarie, e i costi extra per il personale. Quello che ne esce è una ricostruzione delle tipologie di decorso di un contagio: stare dieci giorni chiuso in casa, una certa probabilità di ospedalizzazione, di ricovero in Terapia intensiva, una certa probabilità di morire, a seconda dell’età.
E in Italia, ne è valsa la pena?
“Questo risultato specifico di dieci dollari di ritorno per ogni dollaro investito, vale per New York – continua Gregori – perché prende in esame quella situazione specifica. Non è detto che lo stesso valga in Italia, anche se la metodologia è quella più solida utilizzata a livello internazionale, che ci suggerisce indicazioni importanti sul fatto che ne sia valsa la pena anche da noi.” Per stimare il ROI della nostra campagna vaccinale dovremmo applicare gli stessi algoritmi sui nostri dati, a livello regionale. Ogni valutazione di questo genere deve sempre essere calata sul territorio specifico in cui si applica, sulla sua demografia: una popolazione giovane avrà dinamiche diverse da una popolazione più anziana. “Al momento non mi risulta che nessuno lo abbia fatto, anche se sarebbe interessante perché tendenzialmente ci soffermiamo poco sui costi indiretti, che invece sono il vero valore di questo studio. Non deve tuttavia stupire che per l’Italia ancora non abbiamo questa stima, perché la sanità americana e quella italiana funzionano in modo molto diverso” continua Gregori. “Il sistema statunitense si basa sull Out of Pocket, cioè sulle spese dirette da parte dei cittadini, tramite le assicurazioni, che spiega pertanto l’urgenza di una stima come questa”.