È la tesi sostenuta dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro in un recente documento che esamina l’attuale normativa alla luce delle recenti disposizioni dettate dall’emergenza pandemica.
Per il comparto sanità la vaccinazione contro la Covid-19, alla luce di inoppugnabili riferimenti legislativi sopravvenuti nel periodo pandemico da Sars Cov 2, è da ritenersi obbligatoria.
Diversa la posizione di tutti gli altri settori lavorativi è necessaria una specifica norma che preveda il ricorso a questa azione primaria di prevenzione per i prestatori d’opera, alla stregua dell’utilizzo di mascherine, detergenti e distanziamento.
E’ la tesi contenuta nell’approfondimento del 22 dicembre scorso della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro in cui si affrontano le questioni applicative della tutela della salute e la sicurezza sul lavoro. Per la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, infatti, quando il Legislatore ha determinato che la causa virulenta alla base della COVID-19 è equiparabile a quella violenta tipica dell’incidente occorso in occasione di lavoro, di fatto, ha modificato anche il quadro di rifermento ai fini della tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Il datore di lavoro, quindi, di fronte ad un quadro del genere dovrà ottemperare a quanto stabilito dall’articolo 2087 c.c., adottando “le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica” dei propri lavoratori. E, con riferimento all’esposizione ad agenti biologici, l’art. 286 sexies del Testo Unico indica, l’obbligo di vaccinazione a carico del datore di lavoro (con le responsabilità civili e penali), quantomeno nel settore dell’assistenza sanitaria.
Infatti, qualora le lavorazioni adottate comportino il rischio di infezione, come accade nel comparto sanitario dal momento che il Sars Cov 2 è stato inserito nel gruppo 3° degli agenti biologici, la norma in parola prescrive l’obbligo di informare i lavoratori sull’importanza dell’immunizzazione e sui vantaggi e sugli inconvenienti della vaccinazione o della mancata vaccinazione specificando che “tali vaccini devono essere dispensati gratuitamente a tutti i lavoratori ed agli studenti che prestano assistenza sanitaria ed attività ad essa correlate nel luogo di lavoro”.
Tale previsione, però, contempla condizioni di rischio specifiche, immediatamente riconducibili agli agenti nocivi potenzialmente presenti in quei determinati ambienti di lavoro del comparto sanità, non può quindi essere ritenuta di applicazione generale agli altri settori lavorativi.
La testi, in quanto tale, per quanto suffragata da ottimi argomenti, non è dimostrata. Non è cioè ancora stata messa in discussione e passata al vaglio della magistratura del lavoro. Peraltro, visto l’alto numero di adesioni volontarie nel settore, non è nemmeno certo che ciò possa accadere. Siamo certi però che accenderà parecchie discussioni in materia fra gli addetti ai lavori.
La Segreteria Generale
DOCUMENTO FONDAZIONE STUDI CDL