I recentissimi episodi di violenza in danno del personale di polizia penitenziaria, verificatisi nel carcere romano di Regina Coeli, hanno evidenziato, una volta di più, l’esplosività della situazione all’interno degli istituti penitenziari.
Le statistiche relative agli eventi critici del 2021, per quanto risulta a questa Organizzazione sindacale, parlano da sole: si sarebbero verificate 1.087 aggressioni, 334 risse, 750 incendi dolosi, 1.274 rinvenimenti di telefoni cellulari e/o SIM, 528 rinvenimenti di sostanze stupefacenti e ben 5.628 segnalazioni relative ad atti di violenza, minacce, ingiurie, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Contestualmente, sempre nel 2021, nei confronti dei detenuti risulterebbero essere stati emessi 12.154 procedimenti disciplinari per inosservanza di ordini, 9.369 per atteggiamenti offensivi, 5.752 per intimidazione / sopraffazione verso altri detenuti, 3.195 per appropriazione/ danneggiamento di beni dell’Amministrazione e 423 per promozione di disordini e/o sommosse. Un vero e proprio bollettino di guerra, le cui cause è indispensabile approfondire, nella ricerca delle possibili soluzioni: al riguardo, la nota del 6 luglio u.s. del Capo del Dipartimento, opportunamente individua la presenza di molti detenuti affetti da patologie psichiatriche o da disturbi del comportamento, e comunque classificabili come ad alto indice di pericolosità, come uno degli elementi di maggiore criticità. Si tratta, a parere di chi scrive, della inevitabile conseguenza di una politica demagogica ed approssimativa che, dopo aver chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari, non è stata in grado di delineare percorsi alternativi per questi soggetti, a parte la creazione delle REMS, assolutamente insufficienti nel numero ed inadeguate allo scopo: è quindi indispensabile un intervento legislativo al riguardo. Crediamo che, assolutamente centrale per la sicurezza del personale, sia anche il tema della sorveglianza dinamica e del regime aperto: in moltissime note inviate in passato, abbiamo evidenziato che, a nostro parere, questa modalità organizzativa della vita detentiva possa realizzarsi soltanto in presenza di spazi e strutture adeguate e, soprattutto, in realtà nelle quali la stragrande maggioranza, se non la totalità, dei ristretti è coinvolta in attività lavorative, formative o scolastiche. Il grande malinteso vigente oggi all’interno dei nostri istituti, è proprio l’aver adottato indistintamente il regime della sorveglianza dinamica che, seppur motivato dai contenuti della sentenza Torreggiani, ha determinato in moltissimi istituti una situazione di totale ingovernabilità, dove i detenuti passano l’intera giornata nell’ozio più completo, con gravi ripercussioni sulla sicurezza del personale, delle strutture, dei detenuti più fragili. E’ necessario quindi operare un cambio di passo, limitando da un lato il regime aperto alle realtà più virtuose, e lavorando per rendere tali le altre, attraverso l’assunzione di operatori penitenziari, sia di polizia che dei profili afferenti il comparto delle funzioni centrali, ed investendo risorse per migliorare le strutture al fine di dotarle di spazi adeguati allo svolgimento di attività lavorative, formative, culturali e scolastiche, che costituiscono il pilastro di ogni politica trattamentale volta al reinserimento sociale dei condannati; senza dimenticare l’incentivazione delle attività ricreative e sportive, nell’ottica di impegnare tutti i ristretti per sottrarli ai perniciosi effetti dell’ozio totale. In conclusione, chiediamo che il mondo carcere diventi una priorità assoluta per la politica, attesa l’importanza del suo corretto funzionamento per tutti gli operatori penitenziari, alla luce del loro diritto a condizioni di lavoro sicure e dignitose. Ringraziamo per l’attenzione, e porgiamo con l’occasione i nostri migliori saluti.
IL COORDINATORE NAZIONALE Salvatore Sardisco Cell. 333/1635995 salvosardi@gmail.com